Gustavo Adolfo Rol

03.05.2018

Si crea una gelatina sulle mani e da quella materia indefinita prende forma il bottone della giubba di un soldato napoleonico. E, ancora: nel reggiseno di una signora è riposto un foglio bianco ripiegato che, un attimo dopo, appena estratto da quella «intima» custodia, risulta disegnato alla maniera di Picasso o di Chagall, con tanto di inchiostro ancora fresco. Un libro a scelta può invece essere letto, pagina dopo pagina, quando è bello chiuso, serrato fra mille altri volumi in biblioteca. E si va anche oltre: con diagnosi fatte a vista, senza anamnesi, visita o strumentazione. E risultano precisissime.

L'UOMO E LA MAGIA

Vabbè, roba da mago. Oppure no, non un mago, ma un enigma vivente. Lui stesso si interrogava e lo chiedeva agli amici: «Ma, ditemi, chi sono io?». Appunto, chi era Gustavo Rol? O meglio, Gustavo Adolfo Rol. «Sensitivo», dice Wikipedia. Il che significa tutto e niente. Un prestigiatore, un ipnotista, un santo, un ciarlatano? Ancora a tanti anni di distanza dalla sua nascita e dalla sua morte, nessuno sa davvero chi fosse Rol. Mistero punto e basta. Ma, se si volesse andare un pochino oltre, si potrebbe approfondire, senza certezza di capirne di più ma con la possibilità di avere, almeno, qualche suggestione ulteriore, uno spiraglio, la testimonianza di chi c'era, in quel «qui e ora» spiazzante.

L'occasione è offerta dalla mostra «Paranormal. Tony Ourseler vs Gustavo Rol», ospitata alla Pinacoteca Gianni e Marella Agnelli del Lingotto: martedì 30 gennaio, alle 18, è in programma un incontro dedicato alla scoperta della figura di Rol attraverso il racconto, affettuoso e intimo, di persone che lo hanno conosciuto molto da vicino. Per dire, Giovanna Demeglio. Lei ha un negozio di antiquariato e collezionismo, su modello dei prototipi francesi, «Il cassetto della nonna», in corso Regina Margherita e Gustavo Rol trascorreva interi pomeriggi nel retro di quella bottega.

AMICI PER SEMPRE

Ma cosa legava il colto veggente torinese alla ragazza, più giovane di lui di quarant'anni, figlia di gioiellieri? Un incontro fatale, secondo Rol. «Quando ancora la sede del mio negozio era in via Goito, un giorno, la giornalista della Stampa Simonetta Conti mi stava facendo un'intervista, e dalla porta fece capolino Rol. Io non sapevo chi fosse, ma quando lui è uscito, Simonetta me lo ha spiegato. Incuriosita, qualche giorno dopo l'ho chiamato al telefono. Non volevo infastidirlo e gliel'ho detto. Ma lui mi ha risposto: "Cara bambina, noi saremo amici per sempre: come due rette che si incontrano all'infinito"».

«Ed è stato proprio così», racconta la Demeglio, che fu amica di Rol fino alla morte. Condividendo quotidianità, serate e amici, da Fellini a Adriana Asti. E assistendo a episodi difficili da decifrare. «Da Parigi avevo portato un automa, una sorta di bisnonno dei robot moderni. Avrei voluto conoscerne la storia e Rol, dopo avermi dato un bigliettino da mettere sotto la maglia, con la sua matita di bambù ha scritto nell'aria una missiva. Poi, mi ha detto di leggere sul foglio che mi aveva consegnato: e lì, c'era la storia di quel pupazzo, raccontata per filo e per segno, a partire da luogo e data di fabbricazione».

Non basta: «Siccome volevo metterlo alla prova, comprai una scatola con due mazzi di carte sigillati e lo pregai di darmi una dimostrazione» dice la Demeglio. Rol le chiese di nominare una carta, senza spacchettare i mazzi. «Quando aprimmo la confezione, le carte erano tutte per lo stesso verso, eccetto il cinque di cuori, su cui c'era anche una scritta e il disegno di un cuore. Gli dissi solo: sei un marziano!».

IL DADO D'ORO

E, ancora: «Ricordo la prima volta che andai a casa sua. Il pavimento di legno suonava a ogni passo. Non è che scricchiolasse, produceva proprio un suono proprio come uno strumento musicale. Poi lui mi disse: "Quando arrivi a casa tua, toccati in tasca". L'ho fatto e ho trovato un dado d'oro».

Altra frequentatrice assidua di Rol, che martedì parlerà del «maestro» è Maria Luisa Giordano, amica di famiglia del sensitivo torinese. «L'ho conosciuto un lunedì di novembre del 1978. Era da poco morto mio padre, suo amico d'infanzia. Io e mia madre decidemmo di andare a trovarlo. Eravamo in salotto, da lui, quando ho sentito chiaramente la voce di mio papà, che mi diceva in tedesco: "mia cara bambina". E' stata una folgorazione, per me». Tra i ricordi indelebili, «La volta che vidi Gustavo salutarmi, diventando, all'improvviso, piccolo come un nano e poi alto come un gigante. Quella volta mi sono sentita male».

«Ricordo tutto di lui: che aveva la risata di un bambino, non chiedeva mai una lira a nessuno e ha fatto del bene a tante persone: agli ebrei che ha salvato in tempo di guerra, ai malati di cui intuiva la diagnosi semplicemente guardandoli, per poi accompagnarli fino in sala operatoria, se avevano paura e gli chiedevano aiuto» conclude la Giordano.


LadyDeath75

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