OGGETTI DI SCONGIURO

04.05.2018

GLI OGGETTI NATI PER SCONGIURARE LA SFORTUNA E LE LORO STORIE

ZAMPA DI CONIGLIO: PRIMA DEL 600 a.C., EUROPA OCCIDENTALE

Anticamente, la rigorosa osservanza della tradizione imponeva che una persona che desiderasse essere fortunata dovesse portare con sé una zampa di lepre, animale strettamente imparentato con il coniglio. Storicamente la zampa di lepre aveva poteri magici. Tuttavia, la maggior parte degli europei di un tempo confondeva il coniglio con la lepre, e con il passare del tempo le zampe di entrambi questi animali vennero tenute in grande considerazione, in quanto potenti amuleti portafortuna. La fortuna attribuita a una zampa di coniglio deriva da una credenza che affonda le proprie radici nell'antico totemismo il quale, precorrendo di migliaia di anni il darwinismo, sosteneva che gli esseri umani discendessero dagli animali. A differenza del darwinismo, tuttavia, il totemismo credeva che ogni tribù si evolvesse da una diversa specie animale. Ogni tribù venerava ed evitava di uccidere il proprio animale ancestrale e ne utilizzava delle parti come amuleti, chiamati totem. Ancora oggi noi conserviamo dei retaggi della civiltà totemica.

Nella letteratura biblica, il totemismo è all'origine di molte regole riguardanti l'alimentazione, che proibiscono di mangiare determinati animali. Da questo deriva anche la consuetudine di avere una mascotte sportiva, che si crede possa garantire la fortuna di una squadra, nonché la nostra tendenza a classificare certi gruppi di persone tramite immagini o caratteristiche animali. A Wall Street ci sono tori e orsi, al governo falchi e colombe, e in politica elefanti e scimmie. Anche se abbiamo abbandonato la consuetudine di indossare i totem che ci identificano, questi restano comunque in noi. Gli studiosi del folklore non hanno ancora identificato la società tribale della "Lepre" che diede origine all'amuleto della zampa di lepre agli antichi abitanti dell'Europa occidentale, prima del 600 a.C. Tuttavia possiedono prove irrefutabili riguardanti il motivo per cui questo lagomorfo (ordine di Mammiferi, comprendente le due famiglie viventi dei Leporidae - lepri e conigli) è diventato un simbolo di fortuna e non di sfortuna. L'abitudine del coniglio di vivere in una tana gli conferiva un'aura di mistero. I celti, per esempio, credevano che quest'animale trascorresse cosi tanto tempo sottoterra perché era in segreto contatto con l'inferno delle divinità. Perciò un coniglio aveva accesso ad informazioni che erano negate agli umani. E il fatto che la maggior parte degli animali, compresi gli esseri umani, nascano con gli occhi chiusi, mentre i conigli fanno il loro ingresso nel mondo con gli occhi aperti, li ammantava di un'immagine di saggezza: per i celti, i conigli erano spettatori dei misteri della vita prenatale. (In realtà la lepre nasce con gli occhi aperti, mentre il coniglio nasce cieco. Ed è il coniglio che vive sottoterra, non le lepri. La confusione era molta).

FERRO DI CAVALLO: IV SECOLO, GRECIA

Considerato il più universale di tutti i portafortuna, il ferro di cavallo fu un potente amuleto in ogni epoca e in ogni paese in cui esistesse il cavallo. Sebbene siano stati i greci nel quarto secolo, a introdurre il ferro di cavallo nella cultura occidentale e a considerarlo simbolo di buona sorte, secondo una leggenda fu san Dunstan a conferire al ferro di cavallo appeso sulla porta di casa, poteri speciali contro il male.

Secondo quanto ci viene tramandato, Dunstan faceva il maniscalco, poi nel 959 d.C. divenne Arcivescovo di Canterbury. Un giorno fu interpellato da un uomo che gli chiese di mettergli un ferro al piede, e stranamente questo era caprino; Dunstan capì subito che il cliente altri non era che Satana, e gli spiegò che per ferrarlo avrebbe dovuto incatenarlo contro la parete. Deliberatamente il santo portò a termine il lavoro in modo così atroce e doloroso, che il diavolo immobilizzato implorò più volte pietà. Dunstan rifiutò di liberarlo finché non gli ebbe strappato il solenne giuramento di non entrare mai nelle abitazioni che presentassero un ferro di cavallo appeso in bella mostra sulla porta. Dalla diffusione di questa leggenda nel decimo secolo, i cristiani tennero in altissima considerazione il ferro di cavallo, appendendolo dapprima sul telaio di una porta, e spostandolo poi più in basso, circa a metà di questa, dove aveva la duplice funzione di talismano e di battente. Da questa consuetudine deriva l'uso di battenti a forma di ferro di cavallo. Un tempo i cristiani celebravano il giorno della festa di San Dunstan, il 19 maggio, giocando con i ferri di cavallo.

Per i greci, i poteri magici del ferro di cavallo derivavano da altri fattori: erano di ferro, un elemento che si credeva tenesse lontano il male; inoltre il ferro di cavallo aveva la forma di mezzaluna, che per molto tempo fu un simbolo di fertilità e fortuna. I romani adottarono quest'oggetto, sia come scoperta estremamente pratica per proteggere lo zoccolo del cavallo, sia come talismano, e la loro fede pagana nei suoi poteri magici si trasmise ai cristiani, che alterarono tale superstizione, inventando la storia di san Dunstan. Durante il Medioevo, quando il timore della stregoneria raggiunse i suoi massimi livelli, il ferro di cavallo assunse un ulteriore potere. Si credeva che le streghe volassero sulle scope perché temevano i cavalli, e che qualsiasi elemento che si riferiva al cavallo, soprattutto il suo ferro, tenesse alla larga le streghe, proprio come il crocefisso terrorizzava i vampiri. Una donna accusata di stregoneria veniva sepolta con un ferro di cavallo inchiodato sopra la bara per impedirne la resurrezione. In Russia si credeva che i fabbri ferrai possedessero a loro volta la capacità di realizzare la "magia bianca" contro la stregoneria, e i solenni giuramenti riguardanti il matrimonio, i contratti commerciali e i beni immobili non venivano pronunciati su una Bibbia, ma sulle incudini che venivano usate per forgiare i ferri di cavalli. L'amuleto in questione non poteva essere appeso come capitava, ma doveva venire posizionato con le estremità verso l'alto, affinché la fortuna che conteneva non si scaricasse verso il basso.

In Gran Bretagna il ferro di cavallo continuò a essere considerato simbolo della fortuna per tutto il XIX secolo. Un famoso incantesimo irlandese contro la sfortuna e la malattia (che deriva sempre dalla leggenda di San Dunstan) diceva: "Padre, Figlio e Spirito Santo, inchiodate il diavolo a uno stipite". E nel 1805, quando l'ammiraglio britannico Lord Orazio Nelson si scontrò con i nemici della sua nazione nella battaglia di Trafalgar, il superstizioso inglese fece inchiodare un ferro di cavallo sull'albero della sua nave ammiraglia, la Victory. Il trionfo militare, commemorato a Londra in Trafalgar Square, dalla Colonna di Nelson innalzata nel 1849, pose fine al sogno di Napoleone di invadere l'Inghilterra. Indubbiamente il ferro di cavallo portò fortuna al popolo britannico, ma in quella battaglia Nelson perse la vita.

OSSO DEL DESIDERIO: PRIMA DEL 400 a.C., ETRURIA

Due persone esprimono un desiderio e tirano le estremità opposte della clavicola essiccata di un volatile, a forma di V. L'usanza risale almeno a 2.400 anni fa, ed ebbe origine con gli etruschi, l'antico popolo che occupava la zona compresa fra il Tevere e l'Arno, a ovest e a sud degli Appennini. Gli etruschi furono un popolo caratterizzato da una raffinata cultura, la cui civiltà urbana raggiunse il culmine nel sesto secolo a.C. Gli etruschi credevano che la gallina e il gallo fossero animali divinatori. La gallina perché prima di deporre un uovo emetteva un grido; il gallo perché con il suo canto annunciava l'alba di un nuovo giorno. L'"oracolo della gallina", per mezzo di una pratica divinatoria, veniva consultato per rispondere ai problemi più pressanti dell'esistenza. Un cerchio, tracciato sul terreno, veniva diviso in una ventina di parti, che rappresentavano le lettere dell'alfabeto etrusco. In ogni settore venivano posti dei granelli di granturco, e al centro del cerchio una gallina sacra. A mano a mano che beccava il granturco, creava una sequenza di lettere, che un alto sacerdote interpretava come risposte a domande specifiche. Quando veniva ucciso uno di questi volatili sacri, la clavicola dell'uccello veniva messa a seccare al sole. Un etrusco che desiderava ancora beneficiare dei poteri dell'oracolo, doveva soltanto prendere l'osso, sfregarlo (non romperlo) ed esprimere un desiderio; da cui deriva l'"osso del desiderio".

Per più di due secoli gli etruschi espressero desideri utilizzando queste clavicole, che venivano lasciate intatte. Siamo a conoscenza di questa superstizione grazie ai romani, che più tardi adottarono molte usanze etrusche. Secondo alcuni testi romani, la pratica di due persone che tiravano una da una parte e una dall'altra le estremità di una clavicola di volatile per impossessarsi della parte più grande, derivò semplicemente dal fatto che ci fossero poche ossa sacre e troppe persone che desideravano ottenere favori.

Secondo la leggenda romana, gli etruschi scelsero la clavicola a forma di V per un motivo simbolico, dato che assomiglia all'inforcatura umana. Perciò un simbolo della parte in cui si custodisce la vita venne utilizzato per scioglierne i misteri. I romani portarono in Inghilterra la superstizione dell'osso del desiderio, e nel momento in cui i Pellegrini raggiunsero il Nuovo Mondo, la tradizione di spezzare la clavicola di un pollo era ormai consolidata in Gran Bretagna.

I Pellegrini scoprirono che la boscosa riva nord orientale dell'America era popolata di tacchini selvatici che presentavano clavicole simili a quelle dei polli, perciò istituirono l'usanza dell'osso del desiderio utilizzando la clavicola del tacchino, e questa diventò parte dei festeggiamenti per il giorno del Ringraziamento. Secondo la tradizione folcloristica coloniale, sembra che in occasione del primo giorno del Ringraziamento, celebrato nel 1621, fossero state spezzate alcune ossa del desiderio. Perciò, pur indirettamente, un'antica superstizione etrusca divenne parte di una celebrazione americana.

TOCCARE LEGNO: 2000 a.C., AMERICA SETTENTRIONALE

Nei paesi di lingua inglese, all'espressione italiana "toccare ferro" corrisponde quella "toccare legno". Si tratta di un'usanza che ebbe inizio quattromila anni fa fra gli indiani nordamericani. Quando, al giorno d'oggi, una persona spera che qualcosa si avveri e tocca legno superstiziosamente, per tradizione il legno dovrebbe essere soltanto di quercia. Infatti, storicamente, la quercia era venerata per la sua robustezza, per la maestosa altezza e per i suoi poteri sacri.

I culti relativi all'albero della quercia sono antichi. Si svilupparono indipendentemente tra gli indiani nordamericani intorno al 2000 a.C., e più tardi tra i greci. Indiani e greci notarono che la quercia veniva colpita di frequente dal fulmine, cosi gli indiani ne dedussero che fosse la dimora del dio del cielo, mentre i greci che fosse la dimora del dio del fulmine. Gli indiani nordamericani spinsero la loro convinzione un po' oltre. Ritenevano che il fatto di vantarsi di una futura vittoria personale, di una vittoria in battaglia o di un raccolto inaspettato portasse sfortuna, rappresentasse una possibile garanzia del fatto che tale avvenimento non avrebbe avuto luogo. Nel caso in cui ci si vantasse di qualcosa, sia deliberatamente sia accidentalmente, la sinistra punizione poteva essere neutralizzata se si batteva con la mano alla base di una quercia. In pratica la persona in questione si metteva in contatto con il dio del cielo per chiedergli perdono.

In Europa, durante il Medioevo, gli studiosi cristiani sostenevano che la superstizione di toccare legno fosse nata nel primo secolo d.C. e derivasse dal fatto che Cristo era stato crocifisso su una croce di legno. Si supponeva che toccare legno per rafforzare un desiderio equivalesse a una preghiera di supplica, del tipo: "Signore, fa che il mio desiderio si avveri".

Ma i moderni studiosi sostengono che questa credenza non è affatto vera, come non è vera la vanteria secondo la quale in ogni cattedrale cristiana europea era custodito un pezzo di legno derivante dall'autentica croce di Cristo. Perciò la venerazione da parte dei cattolici delle reliquie dei crocifissi di legno non diede origine all'usanza di considerare il legno con rispetto; invece, imitava, modificava e rafforzava un punto di vista pagano, molto più antico.

In altre culture si rispettavano altri tipi di alberi, che venivano toccati ai piedi dei quali si pregava. Mentre gli indiani americani e gli antichi greci preferivano la quercia, il sicomoro era sacro agli egiziani, e le antiche tribù germaniche avevano scelto come albero il frassino. Gli olandesi adottarono a loro volta la superstizione di toccare legno, ma per loro non aveva importanza di che tipo di legno si trattasse; quel che contava era che non fosse in nessun caso dipinto, verniciato, scolpito o adornato. I culti relativi agli alberi furono diffusissimi nel corso della storia, e furono all'origine di molte pratiche superstiziose, come ad esempio quella di baciarsi sotto al vischio.

In America, l'usanza di toccare il legno per impedire che un atto di presunzione si ritorca contro chi l'ha pronunciato, non deriva dalla superstizione degli indiani americani, primi abitanti del paese, bensì dalla credenza greca, tramandata attraverso i romani e in seguito tramite gli inglesi.

QUADRIFOGLIO: 200 a.C., GRAN BRETAGNA

Fu la rarità del quadrifoglio più di qualsiasi altro elemento a renderlo sacro ai druidi dell'antica Inghilterra, che veneravano il sole. I druidi, il cui nome celtico, dereu-wid, significa "saggio della quercia", oppure "che conosce l'albero della quercia", frequentavano le foreste di querce, che consideravano luoghi di culto. Credevano che una persona che possedeva un quadrifoglio potesse individuare i demoni dell'ambiente circostante, e contrastare il loro sinistro influsso tramite degli incantesimi. Ciò che sappiamo di questo portafortuna (nonché su altre credenze e comportamenti di quella classe di celti colti che espletava funzioni sacerdotali, didattiche e che amministrava la giustizia), deriva principalmente dagli scritti di Giulio Cesare e dalle leggende irlandesi. Varie volte l'anno, i druidi si riunivano nelle sacre foreste di querce in Gran Bretagna, Irlanda e Gallia. Li risolvevano le controversie legali e offrivano sacrifici umani per chiunque si trovasse gravemente ammalato o in pericolo di morte per una prossima battaglia. Venivano bruciate ampie gabbie di vimini piene di uomini. Sebbene i druidi preferissero sacrificare criminali, nei periodi in cui regnavano ovunque la legge e l'ordine, bruciavano anche degli innocenti. L'immortalità dell'anima e il suo trasferimento in un neonato, dopo la morte, era una delle loro principali dottrine religiose. Prima di concludere il rito nella foresta, i druidi raccoglievano rametti di vischio, che si riteneva fosse in grado di mantenere l'armonia all'interno delle famiglie, e andavano alla ricerca di quadrifogli. Negli anni '50 gli orticoltori selezionarono un seme che produceva soltanto quadrifogli. Il fatto che oggi vengano coltivati a milioni nelle serre e seminati a decine sui davanzali delle finestre, non solo priva quest'erbetta della rarità e quindi della sua qualità di portafortuna, ma priva anche una persona della soddisfazione derivante dal trovarne un esemplare.

DITA INCROCIATE: EPOCA PRE-CRISTIANA, EUROPA OCCIDENTALE

Se incrociate le dita quando esprimete un desiderio e se dite a un amico "Incrocia le dita", significa che state utilizzando un'antica usanza che richiedeva l'intervento di due persone, che intrecciavano i propri indici. Questo gesto molto diffuso derivava dalla convinzione pagana che la croce fosse un simbolo di perfetta unità, e che il suo punto d'intersezione segnasse la dimora di spiriti benefici. Un desiderio espresso su una croce si riteneva ancorato stabilmente al punto della croce in cui i due assi si intersecavano, finché non si realizzava. Tale superstizione era diffusa all'interno di molte antiche civiltà europee. È interessante notare che l'idea di trattenere un desiderio finché non diventa realtà si trova in un'altra antica superstizione europea, quella di fare un nodo al fazzoletto. Oggi classifichiamo tale usanza come "promemoria", un metodo di "associazione psicologica" in cui il nodo serve soprattutto come mezzo per ricordare un compito da svolgere. I celti, i romani e gli anglosassoni, tuttavia, ritenevano che il nodo impedisse all'idea di sfuggire.

In origine, quando si incrociavano le dita per avere fortuna, l'indice di una persona fortunata veniva posto sull'indice di chi voleva esprimere il desiderio, e le due dita formavano una croce. Mentre una delle due persone esprimeva il desiderio, l'altra offriva un aiuto mentale per facilitarne il buon esito. Con il passare del tempo, le regole di tale usanza si fecero meno rigorose e una persona poteva esprimere il proprio desiderio senza l'aiuto di un compagno. Bastava semplicemente incrociare il dito indice con il medio per formare una X, la croce scozzese di Sant'Andrea. Le usanze che un tempo erano formali, religiose e rituali, di solito si evolvono con il tempo per divenire informali, profane e banali. Così, l'"incrociare le dita" fra due amici degenerò nello stesso gesto compiuto soltanto dalla persona che desiderava esprimere un desiderio, e attualmente è rimasta soltanto l'espressione : "Incrocio le dita", atto che non viene mai realmente effettuato e che nessuno si aspetta di veder portato a termine. Perciò, quello che un tempo era effettuato in modo ponderato e simbolico, diventa un atto riflesso e insignificante, per quanto non ancora obsoleto. L'usanza contemporanea dei ragazzi di unire le dita a uncinetto quando vogliono stipulare un patto, è simile per forma e contenuto all'antica e originaria abitudine di incrociare le dita tra amici.

Il cornetto rosso

Se volete che il vostro cornetto porti davvero fortuna, dovete comprarne uno che sia fatto a mano, ma, soprattutto, che sia assolutamente rosso. Un colore vivo che racchiude tutta una serie di simbolismi scaramantici, per questo dovrà essere rosso. Fatto a mano perchè sarà lo stesso "artista" che infonderà vibrazioni positive all'oggetto realizzato.

Facendo un salto nel passato, è possibile ritrovare un'antica simbologia legata proprio a questo particolare oggetto, diffuso in diverse culture e tradizioni. L'idea che questo oggettino portasse fortuna a chi lo indossava, pensate, risale al periodo preistorico, poiché veniva chiaramente paragonato alla forza di animali dotati per natura proprio delle corna. Non a caso, infatti, grandi personaggi della storia, utilizzavano le corna come ornamento, ma soprattutto quale simbolo di forza e potere divino.

Da allora tutti, per riecheggiare l'antica potenza dei condottieri, cominciarono a costruire piccoli cornetti di diverso materiale. A Napoli, questo oggetto divenne col tempo culto e simbolo della tradizione popolare, così come noi oggi lo conosciamo. In ogni caso, poiché un po' di fortuna non guasta mai, è bene possederne uno, non si sa mai che allontani la sfortuna. Ricordate però, rigorosamente rosso!

Alkemica

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